IndagineLe indagini giudiziarie mostrano che il clan della ‘Ndrangheta ha una forte staffetta nel sud della Francia. Nonostante l’esito favorevole dell’operazione congiunta di polizia, il giudice italiano ritiene che la Francia sia stata lenta nell’agire sulla minaccia.
Una testa rasata, una barba tagliata, un uomo grosso con una maglietta nera stampata con il logo della squadra di calcio croata regola il suo tiro sotto la lente nascosta della polizia nascosta. Bel tempo questo martedì pomeriggio di giugno 2019, nell’entroterra di Cannes.
A Vallauris (Alpi Marittime) è tempo di bocce. A Domenico, il tiratore, è piaciuta la calda atmosfera del club Boule Amicale Sporting. Ci portiamo l’un l’altro. Abbiamo riso. Il più giovane gareggiava con il più anziano. A volte anche, dopo una gara di successo, i migliori hanno l’onore di veder comparire il loro nome Una bella mattinata.
Qui tutti conoscono “Domi”, 38 anni, figlio di Serafino, nipote di Girolamo, nipote di Antonio. I Magnoli ei loro cugini, Stanganelli e Giovinazzo, arrivarono nella regione tre generazioni fa, quando il noto laboratorio di ceramica locale si vendicò.
Domenico Magnoli è un tipo discreto. Vive in modo frugale, guida una Twingo, lavora dal 2016 come guardia notturna – stipendio mensile: 1.500 euro – e si prende cura dei suoi due figli, di cui ha l’affidamento congiunto. Abitava a Valbonne, un po’ più lontano, nel dipartimento delle Alpi Marittime. Anche lì ha conosciuto persone. È un uomo dotato di buone doti relazionali, apprezzato da tutti. Nel 2020, durante le elezioni comunali, la squadra elettorale del senatore socialista ed ex sindaco di Valbonne Marc Daunis gli chiese addirittura di mobilitare gli elettori.
Sono rari i giorni in cui “Domi” non si ferma a salutare l’altro zio, anche lui Girolamo, titolare al Vallauris di Petite Brasserie, un bar con l’insegna nera nascosto dal centro, tra una pizzeria e una caserma dei pompieri . Domenico ha un’abitudine lì. Quando ha detto che se ne sarebbe andato “al bar”, come se non ci fosse nessun altro in giro. Il più delle volte, beve caffè e gira. Di tanto in tanto si sedeva a giocare a carte, riceveva notizie sulla famiglia, chiacchierava con il giardiniere del paese, affezionato cliente del luogo. Qualche parola in italiano a volte manca: se Domenico Magnoli è nato a Cannes, le radici della famiglia sono a Rosarno, in Calabria, per così dire alla fine di Boot.
A ben guardare, l’attaccamento dei giocatori di bowling Vallauris alla loro terra d’origine non è solo una questione di nostalgia. Si nutre di alleanze e altri rapporti commerciali di un certo tipo. Secondo un’indagine giudiziaria svolta in Italia, questa piccola colonia franco-italiana è infatti legata a uno dei principali clan della potente mafia calabrese, la ‘ndrangheta. Il clan in questione è il clan Piromalli-Molè, gli storici “reggenti” del porto di Gioia Tauro, centro di molti traffici, a pochi chilometri da Rosarno. Secondo la polizia transalpina, Magnolis aveva da tempo giurato fedeltà a Piromalli-Mol, al punto da trasformare Vallauris in una staffetta francese di “casa madre”. Un inedito rilievo, effettuato su entrambi i lati del confine, aiuta a decifrare meglio questi collegamenti: il dossier “Ponente Forever”, così chiamato perché si riferisce alla Riviera che collega Genova al confine francese.
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