Luce illusoria ed eterno mortale dello spettacolo, per mano di Visconti

Primo ingresso: domenica 19 dicembre 2021, 10:26

Ci sono film che, non importa quanti anni passano, restano come l’acqua limpida di una sorgente. Una fonte di idee, ispirazione artistica e critica feroce, che rimane rilevante e può toccare il cuore delle persone anche decenni dopo la sua prima uscita. Uno di questi film è il dramma neorealista di Lucino Visconti “Belissima”, che ha debuttato 70 anni fa, nel dicembre 1951, a Roma, quando l’Italia si è sollevata dalle macerie di una guerra catastrofica e ha cominciato a reggersi su due piedi. “miracolo economico italiano”, nasconde miseria e problemi sociali e mette in luce la genialità di Cinecita come luogo di spettacolo e di “sogno”.

Un film che non ha eguali, insieme ad altre creazioni che mettono in risalto il bagliore illusorio della gloria mortale e il cannibalismo dello spettacolo, come “West Avenue” di Billy Wilder, “All About Eva” di Joseph Mankiewicz e Vita di Federico Fellini. il punto di vista di un’umile donna della classe operaia e la sua ossessione di vivere la meraviglia e la fama attraverso la sua carismatica figlia, come lei crede, entrando nello spettacolo con ogni sacrificio. nasconde un incubo che una madre normale non sopporta. Visconti parla di un problema perenne che, infatti, negli ultimi decenni, con la televisione e la diffusione delle immagini attraverso le nuove tecnologie, ha raggiunto proporzioni epidemiche.

Cesare Zavatini e Anna Maniani

L’ormai classico film di Visconti non avrebbe assunto le dimensioni dell’iconico capolavoro se non fosse stato per la sceneggiatura di Cesare Zavatini. Il teorico e aggressivo fautore del neorealismo italiano, le cui sceneggiature (“Ladro di biciclette”, “Umberto D.”, “Miracolo a Milano”, “Ieri, oggi, domani”) hanno influenzato i più grandi registi del mondo, ma hanno anche commosso milioni di spettatori in tutto il mondo .mondo mondiale, anche se non conoscono il suo nome. E naturalmente l’interpretazione della mitica “lupa” del cinema italiano, Anna Maniani.

Il sogno di Cinecita

Per farla breve, Mandalena (Maniani) vuole portare sua figlia, Maria, allo studio di Cinecita per un provino. Determinato, sull’orlo dell’ossessione, ma anche del suo desiderio di sfuggire alla miseria, di trasformare sua figlia di 7 anni in una star del cinema, spende tutti i suoi soldi in insegnanti, parrucchieri e sostenitori, per avere successo. Proveniente dalla Roma operaia, la madre fatica a sentire la magia del cinema, fa arrabbiare il marito (Walter Chiari), raggiunge il limite e alla fine crolla realizzando il suo errore.

Piccante

Visconti, in contrasto con il suo stile cinematografico, qui nasconde in una luce superficiale, adatta al palcoscenico, un dramma straziante, un tesoro di semplicità e potenza popolare. Perché se sul volto del meraviglioso piccolo simboleggia l’innocenza, pronta ad attraversare, nel mondo oscuro dello sfruttamento delle persone e delle anime, Madre Maniani simboleggia tutta l’Italia, che nella follia del tempo, ha dimenticato le sue radici e le sue mete per seguire un nuova era. Volcano Maniani affronta in modo espressivo la storia di persone che devono ricordare la loro ricchezza morale e culturale, ma anche di persone che possono essere facilmente tentate nel bagliore dell’orgoglio e dell’ego arrogante. Dopotutto, non sono passati molti anni da Mussolini e dall’era buia del fascismo. Visconti, come sempre, sarà feroce per la società, per tutti coloro che si nascondono dietro i riflettori sui temi della povertà, della disoccupazione, della maledetta immigrazione, ma che criticano anche la sua arte, senza muovere un dito, per entrare in un ciclo di arroganza e didattica. . Qui però bisogna restare ancora un po’. Questo perché la creazione di sistemi stellari è sempre stata al servizio del meccanismo di addomesticamento della società, con il vago argomento che la vita semplice non è sufficiente per gli umani. E non servono conoscenze particolari per rendersi conto che è un luogo fragile e sporco, che nasconde tutto il negativo e illumina solo la superficie, che luccica e cosa fa. Questo è il motivo per cui “Belissima” rimane senza tempo finché continua, senza alcuna limitazione o criterio, la produzione di astri nascenti, sia in politica e spettacolo, sia nello sport e nella società, sminuisce la vita normale. , sofferenza quotidiana, amore, momenti di semplice felicità, che bastano a legare famiglie, grandi gruppi, comunità.

Molto apprezzabile

Da lì, Visconti ha intensificato la regia, con il suo talento e la sua ispirazione, i suoi film si sono impennati, ha filmato nella magia del bianco e nero, confrontando, con immagini di rara bellezza e una narrazione deprimente, i contrasti dell’ambiente popolare di Roma con il mondo dello spettacolo, approfittando del bel testo di Zavatini, per il quale va dato il merito, a questo grande autore, di un raro ideologo intransigente. Ma, come disse poi Lucino Visconti, «il mio vero problema era Maniani». Infatti, senza questo mostro sacro recitativo, la tempesta della naturalezza, che con la sua energia unica e ricchezza espressiva, potremmo non avere un film veramente Bello…

felice convivenza

La convivenza dei tre – Visconti, Zavatini, Maniani – è uno dei casi in cui il cinema è inglobato nelle belle arti, giustificando il culto delle persone sul grande schermo. Un’occasione felice, mentre Zavatini era assente per un po’, il suo stretto amico e collaboratore, Vittorio de Sica, per offrire la sua preziosa sceneggiatura al sangue blu Visconti. “Il Barone Rosso”, per la sua ideologia, che ci ha offerto capolavori, come “Il ghepardo” e “Morte a Venezia” e che, pur essendo gay, amava le donne e soprattutto Maniani, che ancora una volta ci ha sorpreso con la sua interpretazione senza tempo. Anna Maniani, considerata una delle più grandi attrici di tutti i tempi, simbolo e principale rappresentante di una rara stirpe di protagoniste, è lontana dall’essere un modello della bellezza mortale di Hollywood e la bolla internazionale dello star system.

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Aroldo Giovinco

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