Da Aurelio Porfiri, editore e scrittore cattolico italiano, per Salone Beige:
Ogni anno, all’avvicinarsi della Pentecoste, è importante riflettere su quella che alcuni chiamano la “nuova Pentecoste”, il Concilio Vaticano II. Questa espressione è stata usata da Giovanni XXIII, che ha convocato il Concilio, ed è stata ripresa da molti.
Pensiamo al politico italiano Giorgio La Pira che, nell’agosto del 1962, scrive alle suore del convento, affermando tra l’altro: “Madre Reverenda, questo Consiglio! Vedere? Ogni giorno, Dio fa convergere il mio cuore e la mia mente attorno ai “fatti” così fondamentali e centrali nella storia recente e lontana della Chiesa e del mondo. Non esagerare, il Santo Padre non esagera! – nel dire che si tratta di un evento paragonabile alla Pentecoste: la nuova Pentecoste; la nuova, destinata effusione dello Spirito Santo – come la prima – avrebbe in futuro un impatto enorme sull’intero corso della storia della Chiesa e della Nazione! Proprio stamattina pensavo: – come dobbiamo prepararci per questo evento? Come si sono preparati gli apostoli: con fervida preghiera, speranza, speranza: con Maria! Se la definizione è suggestiva, dovrebbe anche far pensare.
Una “nuova Pentecoste” significa un nuovo inizio, come se la Chiesa dovesse ricominciare daccapo la sua esistenza. Anzi, le parole di La Pira, e di tanti altri come lui, sembrano suggerirlo. Si spiega poi l’idea della liturgia contrapposta alla precedente liturgia senza continuità avanzata da Benedetto XVI. Questo spiega la diversa musica liturgica dalla tradizione della Chiesa. Se il Concilio lascia il posto a una “nuova Chiesa”, allora la musica deve riflettere questo. Ma il Consiglio fa tutto questo? Poiché la narrazione del Concilio è una cosa, il Concilio stesso è un’altra. Ricordiamo che nella Sacrosanctum Concilium, documento liturgico, si afferma espressamente che la lingua latina deve essere preservata, che il canto gregoriano è il proprio repertorio liturgico, che la polifonia è accettata, che la scholae cantorum deve essere promossa, che l’organo è lo strumento liturgico per eccellenza… Come si può rapportare tutto ciò alla situazione attuale? Oserei dirlo, è un mistero di fede.
La Chiesa non può essere rifondata, altrimenti non sarà più la Chiesa di Cristo. Può e deve certamente adattarsi alle esigenze della nuova epoca, ma senza diventarne ostaggio. In un discorso pronunciato alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali nel 1939, Papa Pio XII affermò: «Non è forse la Chiesa stessa il progresso divino nel mondo e la madre del più alto progresso intellettuale e morale del mondo? persone? Avanzò nei secoli, signora della verità e della virtù, combatté contro l’errore, non contro i viandanti, non distruggendo ma edificando, piantò rose e gigli senza sradicare ulivi e lauri. Custodì e, molte volte, consacrò monumenti e templi di maestà pagana romana e greca. Se Marte e Minerva non hanno più i loro amanti da museo, Omero e Virgilio, Demostene e Tullio parlano ancora nel loro convento e biblioteca; né sminuì che Platone e Aristotele stavano accanto all’aquila Ippona e al sole Tommaso d’Aquino. Ogni scienza lo invita all’università che ha fondato; chiamò l’astronomia e la matematica che lo circondavano per correggere le misure dei tempi antichi; invita ogni arte, segnata dallo splendore della verità, ad imitare le basiliche dei Cesari in onore di Cristo ea superarle con cupole vertiginose, con ornamenti, con immagini, con simulacri che immortalino i nomi di coloro che le costruirono. Ecco, così deve essere la Chiesa: nel mondo, ma non del mondo.
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