I ministri degli Esteri israeliano e libico si sono incontrati segretamente in Italia questa settimana, ha annunciato domenica il ministero degli Esteri israeliano, in quello che ha definito il primo incontro di questo tipo tra i massimi diplomatici dei due paesi.
L’incontro tra il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen e il suo omologo governativo a Tripoli, Najla Mangoush, ha segnato una piccola svolta per il governo israeliano, le cui politiche intransigenti nei confronti dei palestinesi hanno messo a dura prova i loro legami con il mondo arabo.
“Ho parlato con il Segretario di Stato dell’enorme potenziale delle relazioni tra i due paesi”, ha detto Cohen in una nota. L’incontro è stato ospitato dal Ministro degli Esteri italiano a Roma.
Cohen ha detto di aver discusso dell’importanza di preservare l’eredità dell’antica comunità ebraica libica, compreso il rinnovamento di sinagoghe e cimiteri. Il Ministero degli Esteri israeliano ha affermato che nei colloqui si è discusso anche di possibili aiuti israeliani per questioni umanitarie, agricole e di gestione dell’acqua.
Non ci sono stati commenti immediati dalla Libia.
Il defunto leader libico, Moammar Gheddafi, era ostile a Israele ed era un convinto sostenitore dei palestinesi, compresi i gruppi militanti radicali contrari alla pace con Israele.
La Libia è precipitata nel caos dopo la rivolta del 2011, sostenuta dalla NATO, che ha rovesciato Gheddafi, poi assassinato, e ha lasciato il paese diviso tra i governi rivali di Bengasi a est e Tripoli a ovest. Le Nazioni Unite hanno cercato di guidare il paese nello svolgimento di nuove elezioni.
Il governo di Tripoli è guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, vicino all’Italia e all’Occidente.
Successivamente il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha mediato una serie di accordi diplomatici tra Israele e quattro paesi arabi noti come Accordi di Abraham.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è ansioso di espandere i legami con il mondo arabo, ma il suo governo è finito nel mirino per il suo sostegno alla costruzione di insediamenti in Cisgiordania e per i continui attacchi militari contro presunte roccaforti militanti nei territori occupati.
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