Tra i tanti fantasmi che vagano per il Cremlino, dall’inizio di quest’anno è maturato il cosiddetto “Occidente collettivo”. Ordinando alle sue truppe di invadere l’Ucraina cinque mesi fa, il presidente russo ha riportato in superficie la dicotomia Ovest-Est, rendendola nuovamente una minaccia, dopo la fine della Guerra Fredda e il successivo periodo di pace, che però si è trasformata essere solo una tregua.
Il leader del Cremlino crede che “l’Occidente collettivo” basi i suoi atteggiamenti e le sue azioni sulla convinzione che il proprio modello liberale di globalizzazione sia diventato universale dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’impero sovietico. Ovviamente Vladimir Putin è fortemente in disaccordo, sostenendo che “questo modello non è altro che una versione rivista del neocolonialismo, un mondo in stile americano, un mondo per pochi eletti in cui i diritti di tutti sono calpestati. E una chiara prova è il destino di molti paesi del Medio Oriente e di altre regioni e ora milioni di persone in Ucraina che sono cinicamente utilizzate dall’Occidente come materiali di consumo per giochi geopolitici nel tentativo di contenere la Russia”.
Quindi il vero nemico della Russia non è la NATO ma qualcos’altro, qualcosa che precede e trascende le alleanze militari, è “l’identità culturale, il pensiero costituzionale, l’architettura istituzionale, cioè una dimensione post-politica che somiglia alla cultura e, come tale, esercita l’egemonia, nella convinzione che i valori democratici siano senza tempo e universali”, spiega Ezio Mauro, ex direttore e attuale editorialista. La Repubblica nell’articolo principale del quotidiano italiano.
Il “profondo e conservatore” russo Vladimir Putin non può accettare questa “pretesa occidentale di assoluti”, convinto di avere il diritto di determinare il corso della Storia, che questa è la sua missione, che il destino dello spirito russo e il destino della Russia . L’anima russa è distinta e irrevocabile per la sua specificità ed eccellenza.
Quello che Putin cerca è proprio la creazione di un “modello antiegemonico” nei confronti dell’Occidente, che sia altrettanto “collettivo”, in quanto capace di “incarnare le anime delle persone prima e più di quelle politiche e alleanze militari tra Stati».
Il presidente russo ha invocato i sentimenti più profondi delle nazioni, della storia, dei costumi e delle tradizioni, delle leggende, delle superstizioni e delle fedi, che hanno voluto trasformare tutto questo “in scelte culturali alternative, da cui le forme politiche e i modelli istituzionali rifiutano le pretese della democrazia liberale di governare il mondo secondo i suoi principi e confini., scriveva Mauro
Quindi la guerra che imperversa in Ucraina dallo scorso febbraio è il risultato di un conflitto più ampio, “sospeso per ora ma totale, tra due civiltà in lizza per la supremazia del loro modello, con la democrazia come principale conflitto di campo”.
Nella frase che Putin ha scelto per descrivere l’arcinemico della Russia, il termine “collettivo” riferito all’Occidente, mette giustamente in evidenza gli “elementi culturali, anche intellettuali” di questo conflitto, poiché mette in chiaro l’immenso fascino della democrazia nel mondo occidentale, dove la democrazia nella coscienza dei cittadini è “una naturale espressione di libertà, un sistema di garanzie indirette e di riconoscimento reciproco nella società, uno stile di vita che si forma politicamente in modo autonomo e naturale, senza essere soggetto a limitazioni ideologiche”.
“Questo è ciò che Putin vuole costruire: un controfondo guidato dalla Russia in cui le tradizioni diventano regole non dette, i ricordi e le credenze rinnovano automaticamente le loro promesse eterne e la cultura antidemocratica riemerge nel mondo con nuove forme imperiali e presto una coscienza politica alternativa”. , spiega il principale editorialista italiano.
Ecco perché Mosca segue con particolare attenzione le crisi politiche nei paesi occidentali. Il Cremlino ha scelto di attaccare l’Ucraina lo scorso febbraio, soprattutto in considerazione delle debolezze dell’Occidente: dopo che Emmanuel Macron ha dichiarato la NATO “morte cerebrale”, dopo che Donald Trump ha diviso gli elettori americani, dopo il disastroso ritiro degli Usa e dei suoi alleati dall’Afghanistan, ovvero il periodo in cui il Gli Stati Uniti e l’Europa sembravano più distanti di quanto non fossero un’altra volta e l’UE è in una situazione di stallo, senza una guida e una direzione stabili.
Ma Mosca non ha rispettato le sue previsioni mentre la NATO si rafforzava, l’Unione Europea si univa e le relazioni USA-Europa si scaldavano. Ma il presidente russo potrebbe obiettare che si tratta di una situazione temporanea e che presto le cose cambieranno.
Perché vede ogni giorno il disagio crescente nei paesi occidentali per le guerre senza una soluzione chiara che vada oltre la razionalità occidentale e abbia un impatto molto negativo. Vide anche svanire la condanna della guerra, così come la difficile distinzione tra aggressori e difensori che rendeva obbligatoria la selezione del campo. “La moralità occidentale, che è teoricamente basata sugli assoluti, in realtà si rivela avere una data di scadenza”, ha scritto Mauro.
Crisi politica in Italia
Ecco perché la caduta di Mario Draghi è uno sviluppo così importante per il Cremlino. Il presidente del Consiglio uscente rappresenta esplicitamente l’Unione Europea, l’Alleanza Nord Atlantico e l’Occidente nel suo insieme, nonostante l’ambiguità caratteristica della politica estera italiana. Ora, però, le forze politiche emergenti o sono apertamente filo-russe, come la Lega Matteo Salvini, o neutrali ma diffidenti nei confronti delle democrazie occidentali, come il Movimento Cinque Stelle.
“L’Italia, nell’Europa dilaniata dalla guerra, è stata la prima ad esprimere esplicitamente i dubbi occidentali. E questi dubbi sono bastati a creare a Roma il primo divario ufficiale nel sentimento politico occidentale in termini di controversie e rifiuto della democrazia e del diritto”, il giornalista italiano disse.
Quanto saranno profonde e lontane queste crepe nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Il partito di estrema destra Fratelli d’Italia guida i sondaggi d’opinione in Italia, con la sua leader Giorgia Meloni che si dichiara pronta a governare l’Italia. Il politico 45enne si oppone chiaramente all’invasione russa e sostiene l’Ucraina.
Nonostante, però, siano separati dalla guerra, Putin e Meloni potrebbero facilmente tornare alleati nel contesto di “interpretazioni autoritarie della democrazia, modelli di potere ultraconservatori e nazionalisti, intolleranza ai limiti dello Stato di diritto, che Viktor Orbán ha espresso testardaggine. Crepe questo è solo l’inizio, l’Italia è di nuovo guardata. Ora Putin sa che grazie al nostro Paese l’Occidente è ora un po’ meno “collettivo”, conclude Mauro.
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