Brian Molko, cantante del gruppo rock britannico Placebo, è indagato in Italia dopo aver definito il primo ministro italiano Giorgia Meloni razzista e fascista durante un concerto. Lo riferisce martedì l’agenzia AFP con riferimento ai media locali.
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Il cantante anglo-americano di 50 anni si è esibito una settimana fa al festival Sonic Park di Torino, dove ha dichiarato davanti a un pubblico di migliaia di persone che Meloni era feccia “fascista e razzista”. L’ha anche incoraggiata a “tirare”.
Molko è nota, tra le altre cose, per i suoi look molto femminili. Meloni, che ha guidato il governo italiano di estrema destra dalla seconda guerra mondiale lo scorso ottobre, ha spesso parlato della necessità di proteggere la famiglia tradizionale e rifiutare “l’ideologia di genere” e la “lobby LGBT”.
Secondo The Guardian, la Procura di Torino non ha risposto immediatamente alla richiesta di confermare l’apertura delle indagini.
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Il governo della città ha annullato lo spettacolo
Dopo la dichiarazione del frontman dei Placebo, diverse amministrazioni cittadine hanno annunciato che non avrebbero permesso al gruppo di esibirsi nelle loro zone. La città di Matera ha annunciato che ritirerà i sussidi al festival, dove avrebbero dovuto essere spostate le formazioni rocciose.
Al contrario, il sindaco della città di Sassari in Sardegna ha dichiarato che non vieterà al gruppo di tenere un concerto il 1° agosto. “Il villaggio di Sassari non maledice né rimprovera nessuno. Se Placebo commette un atto osceno o volgare, sarà ritenuto responsabile in tribunale, non il sindaco o la contea”, ha dichiarato il sindaco del campus Nanni.
Paola Ambrogio, senatrice del partito di estrema destra Meloni Fratelli d’Italia (FdI), ha definito le osservazioni di Molk uno “schiaffo in faccia all’Italia e alla democrazia”.
Ai sensi dell’articolo 290 del codice penale italiano, chiunque “diffama pubblicamente la Repubblica” nonché il Parlamento, il governo, la magistratura o l’esercito può essere punito con una multa da 1.000 a 5.000 euro.
Lo stesso Meloni ha utilizzato in passato le leggi anti-calunnia italiane, citando in giudizio il noto giornalista Roberto Saviano per averlo definito un “bastardo” in un’intervista televisiva del 2020.
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