La sinistra italiana: scommesse sul rimodellamento

Dopo il fatidico 2011, quando la Commissione Europea spodestò Berlusconi con un colpo di stato e insediò il tecnocrate Mario Modi come primo ministro italiano, il Partito Democratico governò per un decennio. La strada però è andata in discesa. Nel 2008 i voti furono più di 12.000.000, nel 2018 i voti si dimezzarono e domenica 25 settembre i voti si ridussero di 800.000, arrivando a 5.200.000, ovvero il 19% dei voti, provocando nella sinistra italiana una forte crisi crisi. .

Il segretario Enrico Letta ha presentato le sue dimissioni e ha dichiarato che non cercherà la rielezione a leader. È iniziata così la sessione del congresso straordinario del Pd, la cui data non è stata ancora fissata. Ma il dibattito è già iniziato e si svolge ad un ritmo molto intenso. Molti funzionari intermediari, soprattutto a livello regionale, hanno affermato che la sconfitta elettorale non è il risultato della leadership di Leta, sebbene anche il leader uscente ne abbia delle responsabilità.

Lettera Draghi. Dopo essere stato fuori dalla politica per circa un decennio, si è confrontato con il suo partito, facendo un salto mentale al passato democristiano della sua giovinezza. In altre parole, cercò di gestire il partito di centrosinistra, formulando una teoria del “campo largo”, al fine di unire il partito di centro con la sinistra. Ha poi cercato di riportare l’ex leader nel partito Matteo Renziche fondò un partito privato, denominato “Vivere Italia”, che si trasferì in centro.

Allo stesso tempo, Letta si è accordato con i partitini della Sinistra Italiana e con i Verdi per le circoscrizioni unicamerali, mentre non ha voluto fare lo stesso accordo con il “Movimento 5 Stelle”, di Giuseppe Conte, con cui ha collaborato. regnò prima che Mario Draghi subentrasse. . Alla vigilia delle elezioni non ha presentato alcun programma, ma ha insistito per identificarsi con il programma del governo Draghi. I risultati sono stati deludenti, come hanno dimostrato le elezioni: una figura amorfa, senza un’identità specifica, che è stata nuovamente punita dagli elettori.

Legge elettorale

Nelle elezioni del 25 settembre, le alleanze elettorali hanno svolto un ruolo decisivo, poiché il sistema elettorale prevede che un terzo dei seggi in Parlamento venga assegnato sulla base di criteri di maggioranza, che si applicheranno anche ai collegi elettorali uninominali. Si tratta di una terribile legge elettorale, la cui complessità risulta evidente dal fatto che la domenica successiva alle elezioni il conteggio dei voti e l’acquisizione dell’intera maggioranza dei seggi non erano ancora stati completati.

Queste leggi elettorali ingiuste e complicate sono opera del Partito Democratico. L’allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, sollevò addirittura la questione della fiducia nel relativo disegno di legge. L’obiettivo era limitare l’ascesa del “Movimento 5 Stelle” e della Lega Salvini alle elezioni del 2018. Come sappiamo fallirono, ma la legge elettorale resta in vigore.

Sinistra Italiana e Partito Democratico

In vista della convention, si accende il dibattito sul futuro del Partito Democratico. In primo luogo, l’ex presidente Matteo Orfini e subito dopo Rosie Bindi, esponente di spicco dell’ala sinistra del partito cattolico, hanno sollevato la questione della ricostituzione del partito e non solo dell’emergere di un nuovo gruppo dirigente. Bindi ha anche pubblicato un documento politico che ha ricevuto il sostegno della maggior parte dei funzionari del partito.

Il documentario inizia con la fondazione del Partito Democratico nel 2007, quando l’allora leader del Partito Democratico di Sinistra, Walter Veltroni, portò alla sua fusione con il Partito Cattolico Margarita, che consisteva nell’ala sinistra della Democrazia Cristiana. . Da allora si sono espressi diversi ex leader del Partito Comunista Italiano “fusione a freddo”, perché non c’era stata alcuna discussione precedente sull’identità del nuovo partito. Per quanto riguarda le cause della crisi che ha colpito il Partito Democratico, le parole più sentite oggi negli ambienti del partito sono “governo”.

In altre parole, gli ex comunisti e democristiani di sinistra furono accusati di non aver avuto il tempo di occupare quei posti di governo, ai quali non avevano potuto accedere per più di mezzo secolo, comunisti per ragioni geopolitiche e di sinistra. -Ala cristiano-democratica a causa della loro limitata influenza all’interno del principale partito cattolico. Quando questi ostacoli scompaiono, queste due componenti si pongono l’obiettivo primario di governare a tutti i costi.

Uno “repellente” festa

Il risultato sono i cosiddetti Orfini “repellente” festa. Come prova, ha portato l’esempio di quanto accaduto durante una grande manifestazione a sostegno del diritto all’aborto organizzata dalle organizzazioni femminili pochi giorni dopo le elezioni. Laura Boldrini, ex capo dei rifugiati delle Nazioni Unite e poi presidente della Camera dei Rappresentanti, una donna con molte lotte e una rappresentante di spicco dell’ala sinistra del partito, ha dovuto affrontare una dura sfida da parte dei manifestanti. Quando ha cercato di promuovere la sua iniziativa per legalizzare l’aborto con la pillola, le donne che hanno protestato hanno risposto con rabbia che la pillola era troppo costosa e non disponibile nel sistema sanitario.

Orfini adottò questa prospettiva di classe e ritenne che il Partito Democratico dovesse evitare il declino che aveva trascinato verso il basso gli altri partiti del Partito Socialista Europeo. Per raggiungere questo obiettivo, il partito deve ritornare nella società, dove è stato tagliato fuori, e riconnettersi con gli strati sociali più bassi, ma anche con i sindacati.

E Rosie Bindi ha sottolineato la dimensione popolare che il partito deve avere, sottolineando in particolare temi molto attuali, come la guerra in Ucraina e la corsa agli armamenti, ma anche le questioni ambientali. Per Bindi il Pd dovrebbe essere un partito che abbraccia tutta la sinistra, intesa come “fazione democratica e progressista” che comprenda i marxisti fino al centrosinistra. Con il suo intervento Bindi ha confermato la lunga tradizione dei cattolici di sinistra come più radicali degli ex comunisti.

La stessa Letta non ha preso posizione, ma i suoi colleghi più vicini hanno espresso opinioni che trattano con riserve l’approccio di classe di Orfini. Secondo loro l’identità del Pd non va ricercata innanzitutto nella sinistra “si verifica confusione tra tattica e strategia”. Si tratta, pare, della spettacolare svolta a sinistra compiuta dal “Movimento 5 Stelle”, guidato da Giuseppe Conte. Una mossa che ha salvato l’Italia elettorale, rendendola il terzo partito italiano con il 15%. Allo stesso tempo, segna anche un sottile allontanamento dal modello populista di “partito digitale” che il suo fondatore, Beppe Grillo, aveva in mente.

Un Partito Democratico “ristrutturato”.

Per i collaboratori di Leta l’identità del Pd va ricercata innanzitutto nel centrosinistra e nel “Centro democratico”. Non è chiaro se si riferissero a Renzi, il cui partito è alleato con altri due piccoli partiti di centro, che hanno preso il 7% dei voti alle elezioni. Il segretario uscente del Partito Democratico ha compiuto grandi sforzi perché il convegno non fosse caratterizzato da un confronto tra due tendenze e perché tutte le opinioni trovassero spazio di espressione all’interno del Partito Democratico “ristrutturato”.

Il nuovo orientamento dipenderà anche dai nuovi leader che emergeranno. Continuano a circolare due nomi, entrambi provenienti dall’Emilia-Romagna, un tempo roccaforte inespugnabile dell’Italia comunista. Il primo fu Stefano Bonacini, popolare governatore regionale di origine comunista. Il secondo candidato è Ellie Sline, anche lei popolare luogotenente governatore dello stesso distretto. Ho conosciuto personalmente Slaine quando era deputata al Parlamento europeo e mi ha fatto un’ottima impressione: una giovane donna con una visione ampia e una seria educazione politica.

Il fatto che non sia iscritto al Partito Democratico può essere un problema serio. Ma se prevarrà l’opinione di Bindi, allora il ricostituito Pd avrà una leader donna, verde e, soprattutto, meno interessata a governare e più interessata ai problemi reali dell’Italia e dell’Europa. Speriamo…

Alberta Trevisan

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