L’Italia intende ritirarsi dalla nuova Via della Seta

“Le esportazioni italiane verso la Cina nel 2022 ammontano a 16,5 miliardi di euro, verso la Francia a 23 miliardi e verso la Germania a 107 miliardi”, ha aggiunto.

L’unico paese del G7 a farlo

Nel 2019, l’Italia, gravata dal debito pubblico, è diventata l’unico Paese del G7 a partecipare al massiccio programma di investimenti di Pechino, che i suoi oppositori descrivono come un cavallo di Troia volto ad acquisire influenza politica.

Questo ambizioso progetto di Pechino, lanciato sotto la guida del presidente Xi Jinping, mira a migliorare i legami commerciali tra Asia, Europa, Africa e anche oltre attraverso la costruzione di porti, ferrovie, aeroporti o parchi industriali. L’accordo Italia-Cina si rinnova automaticamente nel marzo 2024, a meno che l’Italia non decida di abbandonarlo alla fine del 2023.

Nel 2019: L’Italia è sotto il controllo di Pechino

Il governo valuterà il ritiro del progetto

Antonio Tajani partirà per Pechino tra domenica e martedì per incontrare le autorità cinesi e prepararsi alla prevista visita del capo del governo Giorgia Meloni in ottobre, che secondo gli esperti dovrebbe formalizzare il ritiro dell’Italia dal progetto.

Il ritiro “è stato accettato in linea di principio dalle autorità cinesi. Il premier Meloni farà un annuncio ufficiale durante il suo viaggio a Pechino, previsto per metà ottobre, in segno di rispetto per i leader cinesi”, analizza in una nota Lorenzo Codogno, ex capo economista del Tesoro italiano.

Un “rivale sistemico”

Il Parlamento italiano, ha sottolineato Antonio Tajani, “deve fare una valutazione e decidere se rinnovare o meno la nostra partecipazione a questo progetto”. “Vogliamo un rapporto solido con la Cina, perché sappiamo che la Cina è un partner ma anche un concorrente, un rivale sistemico”, ha affermato, lamentando in particolare che l’Europa “ha dato troppo spazio agli interessi cinesi in Sud America.

Il predecessore di Giorgia Meloni, Mario Draghi, entrato in carica nel febbraio 2021, aveva congelato l’accordo e utilizzato i diritti di blocco del governo in settori ritenuti strategici per impedire investimenti di alto livello da parte di aziende cinesi in Italia.

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Riccarda Fallaci

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