Italia: uso del cellulare riconosciuto come malattia professionale

La Corte d’Appello di Torino ha recentemente confermato il risarcimento danni dovuto dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) a un dipendente che ha sviluppato un tumore a seguito di una prolungata esposizione al cellulare durante il lavoro. Decisioni che dovrebbero incoraggiare le aziende ad anticipare i rischi.

Pochi giorni fa la Corte d’Appello di Torino ha affermato, confermando quanto deciso in primo grado dal Tribunale di Aosta, che una patologia (neurinoma del nervo acustico) sviluppata da un lavoratore in relazione alla prolungata esposizione a radiofrequenze prodotte da l’uso del cellulare – costituisce una malattia professionale, indennizzabile dall’Istituto Nazionale di Previdenza contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).

Caso esaminato dalla Corte

In particolare, la causa riguarda il caso di un dipendente di un’azienda valdostana (ora pensionato) che, per motivi professionali, ha utilizzato il cellulare per una media di due ore e mezza al giorno per 13 anni, ovvero , tra le 10.000 e le 13.000 ore complessive. Dopo aver appreso di avere un tumore benigno all’orecchio, l’uomo ha presentato domanda di pensione all’INAIL per malattie professionali.
A causa del tumore, il dipendente ha sofferto – secondo referti medici – di sordità all’orecchio sinistro, paresi del nervo facciale, disturbi dell’equilibrio e sindrome depressiva. Pertanto, ha adito il tribunale di Aosta, che ha riconosciuto un nesso di causalità tra l’uso dei cellulari e l’insorgere di questa patologia, stabilendo il diritto dei lavoratori a pagamenti di vitalizi di circa 350 euro al mese.
La decisione è stata impugnata dall’INAIL che ha adito la Corte di Cassazione.

Sentenza della Corte d’Appello di Torino

A sostegno della perizia tecnica che confermava l’esistenza di “un’alta probabilità che il cellulare sia di origine tumorale, anche rispetto all’esclusione di interventi di causalità alternativa”, la Corte d’Appello di Torino ha affermato che – con alta logica criteri di probabilità – è possibile concludere che esiste un nesso eziologico tra l’uso prolungato del telefono cellulare, le esigenze di servizio e le malattie dichiarate dai lavoratori. La Corte d’Appello di Torino, confermando la decisione di primo grado, ha anche affermato il diritto dell’INAIL al pagamento dei vitalizi, rispetto all’invalidità permanente valutata al 53%.

La sentenza commentata (che peraltro ricorda da vicino la sentenza dello stesso Tribunale di Torino, pubblicata nel 2020) apre la strada a una nuova presa di coscienza: ovvero che esiste una stretta correlazione tra l’uso prolungato del cellulare da parte di un dipendente e lo sviluppo di un tumore.

Questa ipotesi, in linea di massima, avrà un impatto solo in futuro, non solo per l’INAIL, ma anche per tutti i datori di lavoro che impiegano i propri dipendenti per svolgere attività professionali che comportano l’uso quotidiano e prolungato del cellulare.

Va detto, peraltro, che la sentenza commentata riguarda esclusivamente la richiesta di riconoscimento del danno da parte dell’INAIL, giudizio fondato sulla “semplice presunzione” e quindi concluso solo dalla Corte d’Appello di Torino quale ragionevole, verosimile e prevedibile conseguenza di uso prolungato del cellulare di un dipendente per esigenze di servizio.

Sarebbe diverso se il dipendente chiedesse un risarcimento finanziario diretto al datore di lavoro. In questo caso – come recentemente ribadito dalla sentenza della Suprema Corte n. 29435 del 10 ottobre 2022 – l’onere della prova che lo sviluppo della malattia è causato dall’ambiente di lavoro (e/o in ragione delle attività svolte) è interamente a carico del lavoratore stesso. Dovrebbe dimostrare, in modo specifico e rigoroso, ciò che afferma.

Data la difficoltà di fornire tali prove da parte dei dipendenti, è lecito chiedersi se in futuro ci saranno sanzioni anche nei confronti dei datori di lavoro (e non solo nei confronti dell’INAIL).

Uso del cellulare sul posto di lavoro: rischi da prevedere

Tuttavia, per evitare rischi (ipotetici e probabili) per le aziende di essere condannate al risarcimento dei danni in questo caso, sarebbe opportuno che queste indicassero regole specifiche nei loro documenti di valutazione dei rischi (DVR) circa il modo in cui i lavoratori devono utilizzare i telefoni cellulari, ed in particolare l’indicazione che potrebbero non essere “faccia a faccia” e che il loro utilizzo, per finalità di servizio, dovrà essere effettuato esclusivamente tramite cuffie (cablate e/o wireless).

Riccarda Fallaci

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